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Diario della quarantena. 1

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A volte accade che ti ritrovi a vivere momenti e a comprendere subito che li leggerai nei libri di storia. Dall’11 settembre alle dimissioni di un Papa, alla crisi globale del 2008, ad aver visto Trump diventare Presidente degli Stati Uniti. Ecco, questo è un momento ancora diverso, rispetto ai precedenti, difficile da classificare e da comprendere. Ecco, la pandemia globale da coronavirus la leggeremo nei libri di storia, potremo raccontarla ai nostri nipoti, segnerà il modo con cui approcceremo il mondo. Non è una cosa da poco.

Nel frattempo, “Adda passà ‘a nuttata” direbbe Eduardo.

Questa settimana sono accadute cose che mai si sarebbe pensato sarebbero avvenute nelle mature democrazie dell’Europa. Nel giro di una settimana, il Governo ha dichiarato l’Italia “Zona protetta”, un termine garbato ma fermo per dire che dobbiamo stare a casa, fermare tutto quello che si può fermare e limitare i contatti per limitare i contagi. Una sospensione di alcune libertà fondamentali, in nome del bene più grande del diritto alla salute. Un tema enorme, se ci pensiamo, e che dovrebbe anche far capire la serietà di quello che ognuno di noi è chiamato a fare. Non ci sono scorciatoie.

L’impressione che ho avuto, in questi giorni nuovi, è che spegnendo le luci e rompendo la routine quotidiana del nostro modo di vivere, è che molte cose che sembravano solide si siano rivelate fragili, e molti aspetti fragili si sono rivelati più saldi di quello che pensavo. Non parlo delle istituzioni e della politica, di quello ci sarà tempo, ma è evidente che l’emergenza globale dimostra quanto spesso abbiano poco senso i confini e i muri, e che senza una solidarietà internazionale poco si riesce a fare, alla faccia dei sovranisti nostrani e internazionali. (Ah, a proposito: diffidate da chi dice che siamo in guerra. A chi usa la paura per separare ancora di più. E’ una sfida globale, e stiamo tutti dalla stessa parte.) Non parlo del ruolo della sanità pubblica, e della nostra sanità pubblica, tanto bistrattata negli anni e che invece si rivela uno dei beni più preziosi da tutelare e difendere.

Parlo delle persone e delle comunità. Anche perché le persone non sono numeri: non lo sono quelli che vediamo nel bollettino di ogni giorno. Dietro quei numeri, che scandiscono le nostre giornate, ci sono sofferenze, solitudini, preoccupazioni, guarigioni e lutti, che non possono essere condivisi assieme, ma ognuno nelle proprie case. E’ un’immagine da ricordare a chi pensa che le regole valgano sempre per gli altri.

Non so se da questa vicenda ne usciremo più uniti o più incattiviti. Questo sta però ad ognuno di noi. Questo dover stare distanti dalle persone più vicine per proteggersi l’un l’altro è una sfida che ognuno affronta a modo suo. Ma non è solo ad affrontarla. E dà speranza vedere che a questo isolamento forzato si risponda, nella società sempre iper connessa ma mai attenta alle relazioni, con un bisogno continuo di sentire amici, persone, di mantenere anche da distanti delle relazioni, dei rapporti, che magari si davano per scontati. Per chi può e per chi li ha. E, verso chi non li ha, anche in tempi così complicati, c’è una richiesta di dare una mano, quanto si può: dal portare la spesa a chi non può uscire, a telefonare a persone sole per sentire la voce di qualcuno con cui condividere questo momento.

Negli scorsi giorni, raccogliendo le storie di fatica quotidiana di chi negli ospedali e non solo, mi hanno riferito di un aspetto, magari secondario: il Servizio Civile è stato sospeso per l’emergenza, e i ragazzi che prestavano servizio presso le pubbliche assistenze potevano ritenersi liberi di non proseguire e stare a casa, se volevano. Ecco, tanti hanno deciso di continuare lo stesso, per continuare a fare la propria parte.

Piccoli gesti, ma che sono significativi di una comunità che sta responsabilmente capendo che cosa siamo ognuno di noi chiamati a fare. E cominciare a pensare al dopo, a come ripartire, dato che nulla – le istituzioni, l’economia, la società, la politica- sarà come prima. Toccherà a noi farla migliore.

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