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Turismo. Una Regione senza strategia, che nasconde i problemi sotto il tappeto (rosso)

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Gli ultimi dati del turismo per i primi mesi del 2019 descrivono una situazione preoccupante. Il calo regionale è generalizzato: meno 57.476 gli arrivi e in meno 238.805 le presenze turistiche nei primi cinque mesi del 2019.

Per gli arrivi, calano, meno, i turisti italiani, con una contrazione dello 0,7 percento. Crollano gli stranieri, con un calo di ben il 7,7 per cento. Ancora più radicate le tendenze nelle presenze: -0,8 per gli italiani e – 12,5 per gli stranieri. Il dato regionale è diffuso sia sull’alberghiero che nell’extralberghiero.

Houston abbiamo un problema, verrebbe da dire. Ma pare che ad oggi la reazione di Regione Liguria sia quella di negare l’evidenza e di ricondurre questi oggettivi cali al meteo o alla fluttuazione annuale delle festività pasquali

In realtà il tema è diverso: è purtroppo il segno di una strategia sbagliata di Regione Liguria nell’impostazione delle politiche del turismo per la nuova stagione. E prima ce ne accorgiamo meglio è per tutti.

C’è un dato regionale su cui riflettere. A differenza del dato nazionale, c’è un calo maggiore degli stranieri nel 2019. Mi pare che questo dovrebbe far riconsiderare come il dramma e l’impatto mediatico mondiale del crollo del Ponte Morandi possa avere avuto ripercussioni maggiori di quanto ipotizzato, e che le iniziative di promozione del territorio e di rilancio dell’immagine della Liguria non siano state in grado di contrastare fino in fondo questo aspetto. Approfondire questo aspetto è necessario per intervenire e chiedere sostegno anche a livelli più alti.

In parte questo tema riguarda anche il Tigullio, devastato dalla mareggiata dell’ottobre scorso. Anche su questo, le funzioni di programmazione e promozione della Regione, sono state insufficienti.

Spesso, alle mancanze della Regione, sopperiscono i Comuni, che nel Tigullio, su iniziativa del Sindaco di Sestri Levante, da tempo provano a costruire sinergie e strumenti di azione comune.Che vanno sostenute ed integrate in strategie regionali, che dovrebbero moltiplicarne il valore. Invece su questo, leggo un atteggiamento passivo, come se il compito della Regione fosse di patrocinare azioni locali, più che inserirle in una strategia di contesto.

Provo a declinare alcuni aspetti di riflessione, visti anche dall’osservatorio del Tigullio.

Mobilità. Questa sconosciuta.

La retorica della Regione Liguria punta molto sul “rilancio” dell’Aeroporto Cristoforo Colombo di Genova. Nuove tratte, operatori annunciati. Tutto bellissimo se non fosse che l’attrattività e la centralità dell’aeroporto di Genova rimane bassissima e scollegata con le destinazioni turistiche, soprattutto nel Levante Ligure (per le Cinque Terre l’aeroporto di riferimento è Pisa, da tempo). Esempio significativo è lo shuttle verso il Tigullio, nato e sostenuto con un impegno più degli operatori locali che della Regione.

Altro punto: il Tigullio ha una centralità strategica, collocata tra due grandi brand conosciuti nel mondo – Portofino e le Cinque terre. Qual è l’offerta di mobilità di fascia alta data a questo comprensorio da parte di Regione Liguria? Durante il periodo estivo, oltre al Frecciabianca, quali servizi integrativi si mettono in campo nel Tigullio, che sarebbe l’hub naturale di queste due località? Finora nessuna. E pare che il problema non venga neppure posto. Per non parlare delle difficoltà strutturali del servizio pubblico, a partire dal biglietto integrato ferro/gomma nell’area metropolitana genovese e a pacchetti promozionali di mobilità, che ad oggi sono lasciati all’iniziativa degli operatori.

Sostenere chi investe e chi innova. Aiutare chi non ce la può fare da solo, ma ha le idee giuste

Altro tema abbandonato dalla politica regionale in questi anni è quello degli investimenti nel settore turistico. La legge regionale sulla riqualificazione delle strutture alberghiere è diventata da un lato uno strumento becero di propaganda elettorale, dall’altro uno strumento usato con il contagocce, con poco rischio, messo a disposizione di strutture già in grado di effettuare investimenti, dimenticando il fatto che il gap tra gli operatori stava aumentando. Chi ce la fa, riqualifica e punta all’eccellenza, il resto non ha gli strumenti di rilancio integrati. Non esiste, ad esempio, un fondo dedicato alle nuove imprese, a chi rileva magari una attività ricettiva e vuole scommettere su una loro riconversione ed innovazione.

Poi è scomparso completamente dai radar l’impegno regionale sulla costruzione di reti di innovazione. Traducendo: fare turismo non può limitarsi all’offerta dei prodotti – portare i fiori di Sanremo quando c’è il Nobel o fare la settimana del pesto a Roma. Quello è un pezzo, ma manca la messa a sistema e la costruzione di una esperienza, di percorsi strutturati e di una politica di rete, di collegamento e di sistema dell’offerta turistica, che non può essere solo demandata alla capacità dei singoli operatori. La Regione deve dare modo e sostegno attivo per dire dove e in che modo intende investire sulle reti e sui percorsi, inserendosi sì, nelle strategie nazionali annuali, ma con proprie vocazioni e tipicità.

Promozione. L’importante è avere un piano

Un anno e mezzo fa in Commissione Turismo, di cui faccio parte, passò in discussione il Piano Triennale del Turismo. Chiesi perché Cina e Russia non venivano individuati come mercati strategici ma come complementari, e la risposta fu che tradizionalmente gli uffici registravano questa dinamica. Gli uffici regionali sono gli stessi che hanno scritto il Piano, per cui il fatto era considerato normale. Ora, le strutture regionali, hanno sì competenze ma guardano il processo dall’interno della macchina, non in maniera globale. E questo è solo un esempio. 

Dal 2017 ad oggi è cambiato il mondo è c’è la necessità strutturale di ripensare il posizionamento della nostra Regione nei nuovi flussi turistici. E di accompagnare questo nuovo piano con un progetto strategico di marketing territoriale, redatto con un progetto partecipato e innovato da professionisti di livello. Tra spendere 150.000 euro per il camion di una nota tv locale guardata solo da liguri che tramette ai liguri le bellezze della Liguria e investire in un progetto strategico, la scelta dovrebbe andare in questa direzione.

Aggiungo che un nuovo progetto significa anche nuove soluzioni anche normative. Il Patto per il Turismo ha una logica incentivante, ma serve se sei in una fase espansiva del mercato: se le cose vanno male non ha effetti. 

Al fondo, la Regione ha vissuto il turismo più come una collezione di eventi mediatici che altro. L’esempio del Red carpet e dei tappeti rossi diffusi in tutta la Regione è quello più evidente. Ma una serie di eventi non fanno una strategia.

Ora i tappeti non bastano, neppure per nasconderci sotto la polvere del fallimento delle politiche regionali. Serve un piano. 

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