di Stefano Mancuso Direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (Linv)
Le comunità Laudato si’ che, prendendo a ispirazione l’enciclica di Francesco, si sono rapidamente moltiplicate in Italia, lanciano oggi l’appello Un albero in più rivolto «ad ogni cittadino di buona volontà, ad ogni organizzazione di qualunque natura e orientamento, ad ogni azienda pubblica o privata, alla straordinaria rete di comuni e regioni d’Italia, al governo nazionale di unirsi a noi con l’obiettivo di piantare in Italia 60 milioni di alberi nel più breve tempo possibile. Un albero per ogni italiano: 60 milioni di alberi che dal loro primo istante di vita realizzano la loro opera di mitigazione dei livelli di CO2 nell’atmosfera».
Sono uno dei primi firmatari di quest’appello, di cui condivido l’urgenza e la necessità. A costo di diventare noioso, è bene ribadire alcuni dati che nella loro crudezza evidenziano l’enorme problema che l’umanità si trova a dover affrontare. L’aumento della concentrazione della CO2 nell’atmosfera provoca, attraverso il famigerato effetto serra, l’aumento della temperatura del pianeta, con conseguenza catastrofiche la cui entità tende a non essere compresa. Alcune dirette conseguenze sono abbastanza evidenti: scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello del mare, siccità, ondate di calore, eventi atmosferici violenti, incendi, desertificazione, ecc. Meno immediatamente riconoscibili sono le conseguenze indirette, infatti, mentre alcune di queste come guerre, carestie, migrazioni, sono facilmente prevedibili, molte altre si presenteranno in maniera del tutto imprevedibile. La vita, infatti, è una rete di relazioni fra organismi e ambiente; qualunque cosa disturbi un solo nodo della rete, altera l’equilibrio del tutto. Prendiamo, ad esempio, le estinzioni. Nel 2017, 15.364 scienziati di 184 paesi firmarono una dichiarazione dal titolo World Scientists’ Warning to Humanity: A Second Notice, in cui si affermava: «Abbiamo scatenato un evento di estinzione di massa, il sesto in circa 540 milioni di anni, in cui molte forme di vita attuali potrebbero essere annientate o sulla via per l’estinzione entro la fine di questo secolo».
Si potrebbe pensare che, vabbè, molte specie verranno spazzate via, è triste, ma alla fine cosa ci sarà di così drammatico. L’uomo è specializzato in estinzioni: ha estinto intere civiltà umane senza battere ciglio, a confronto cosa può mai importarcene dell’estinzione di piante o animali. È il tipo di argomento che mille volte ho sentito sostenere, seguito dalla sua coda canonica: «Ho difficoltà ad arrivare a fine mese, che vuoi che me ne freghi delle estinzioni dei koala o delle margheritine, questi sono problemi da agiati signorini che a pancia piena possono permettersi di preoccuparsi di questi minuzie». Sbagliato! I signorini con la pancia piena, sono proprio coloro sui quali il riscaldamento globale e le catastrofi che ne potrebbero conseguire, avranno il minor effetto. Non saranno davvero loro a soffrire il caldo, le carestie, la mancanza di acqua e i disordini che accompagneranno queste sciagure, ma le fasce più deboli della popolazione. Come è sempre accaduto: più basso è il vostro reddito maggiore saranno i danni. Pensare che l’ambiente sia un hobby per signore e signori agiati è una stupidaggine. La questione ambientale è la più importante delle questioni sociali. È per questo che vi esorto a partecipare, ognuno secondo le proprie possibilità, a promuovere questo appello e ad agire piantando quanti più alberi vi riesce. E quanto più vicini questi alberi saranno alle città, tanto maggiore sarà il loro effetto, non solo fissando la CO2, ma migliorando l’umore, l’attenzione e la salute dei cittadini. Sono le città che producono la CO2 ed è qui che va bloccata. Ognuno di noi dia, per favore, il suo contributo alla salvezza della casa comune.