Il tema della vicinanza è fondamentale. In un momento del genere parlare di vicinanza può sembrare folle, ma forse è davvero quella la chiave della ripartenza, ricostruire e rivedere l’intero assetto delle nostre città, dalle metropoli alle città di provincia.
“La vicinanza è la chiave”: è a partire da questa frase di Jane Jacobe, antropologa statunitense che Carlos Morena, Professore dell’Università Sorbonne di Parigi, ha proposto a Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, di rivedere l’urbanistica della città come base del suo programma elettorale. Una persona a New York impiega quasi un’ora per raggiungere il posto di lavoro, utilizzando la macchina, invece per mettere in moto davvero la transizione ecologica di cui abbiamo davvero bisogno, le nostre città dovrebbero diventare tutte “città da 15 minuti”, dove puoi trovare tutto quello che ti serve, dal negozio al caffè, dall’ufficio alla banca, dalla scuola ai servizi legati alla sanità.
Penso che sia fondamentale riflettere su questa possibilità di costruire una società dei 15 minuti. Le limitazioni del Coronavirus hanno cambiato di molto anche la percezione delle distanze. Gli spostamenti con treni e aerei nei prossimi mesi saranno limitati e quindi tutti scopriremo – o stiamo già scoprendo – una nuova dimensione territoriale, più prossima, fatta di vicinanza, più che di distanze.
Una città dei 15 minuti significa avere l’ambizione di ridisegnare i luoghi e lo spazio pubblico in maniera tale poter attivare i servizi essenziali ad una distanza “sostenibile” per i cittadini e costruire comunità “locali e solidali”. Portare i servizi essenziali a non più di un quarto d’ora da casa. Perché ora non è così: ci sono poli dove si concentrano sempre più i servizi essenziali e sempre meno persone e intere aree con più carenze ma magari più popolate.
Riorganizzare la città dei 15 minuti quindi coinvolge diversi aspetti. Partiamo dalla salute, con il ridisegno e rafforzamento dei servizi territoriali più immediati. Oppure la scuola e la rete della socialità e servizi sociali, costruendo reti di comunità, reti di socialità nuove; O il lavoro, con la possibilità di estendere sempre più le forme di lavoro da remoto, spazi di coworking e altro, anche riutilizzando spazi pubblici con funzioni nuove. Centrale anche la riflessione sul commercio, che comporterebbe nuove possibilità di rilancio dei negozi di vicinato, del settore della ristorazione; la mobilità, con un passaggio sempre più forte alla mobilità dolce, anche con il ridisegno – temporaneo o meno – delle vie principali per consentire spazi pedonali e ciclabili; il rafforzamento del verde e spazio pubblico, come luogo a disposizione e a misura di persona; l’accesso diffuso alla cultura e allo svago.
Questo solo per fare alcuni esempi: alcune città, come Parigi e Milano, stanno lavorando in questa direzione, proponendo anche percorsi partecipati di discussione per la strategia di adattamento: portare i servizi a un quarto d’ora di bici dai cittadini. Una scelta che rivitalizzerebbe i quartieri, costruirebbe senso di comunità, sarebbe una forma di vita più verde e più sostenibile.
La nostra Regione, che del suo essere lunga e stretta ha sempre patito, potrebbe trovar nella “vicinanza” un’opportunità nuova di crescita.