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La crisi climatica è la nostra Terza Guerra Mondiale. C’è bisogno di una risposta coraggiosa.

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di Joseph Stiglitz

L’articolo originale è apparso sul Guardian il 4 giugno 2019


I sostenitori del Green New Deal affermano che vi è una grande urgenza nell’affrontare la crisi climatica e sottolineano le dimensioni e la portata di ciò che è necessario fare per combatterlo. Hanno ragione. Usano il termine “New Deal” per ricordare la risposta massiccia di Franklin Delano Roosevelt e del governo degli Stati Uniti alla Grande depressione. Un’analogia ancora migliore sarebbe la mobilitazione del Paese per combattere la Seconda guerra mondiale.

Chi critica chiede se “Possiamo permettercelo?” e lamenta che i sostenitori del Green New Deal confondono la lotta per preservare il pianeta, sulla quale tutti gli individui dotati di una buona dose di intelletto dovrebbero essere d’accordo, con una più controversa agenda per la trasformazione della società. Su entrambi gli argomenti i critici hanno torto.

Sì, possiamo permettercelo, con le giuste politiche fiscali e la volontà collettiva. Ma ancora più importante, dobbiamo permettercelo. L’emergenza climatica è la nostra terza guerra mondiale. Le nostre vite e la nostra civiltà così come la conosciamo sono in gioco, proprio come lo erano nella Seconda guerra mondiale.

Quando gli Stati Uniti furono attaccati durante la Seconda guerra mondiale nessuno chiese: “Possiamo permetterci di combattere la guerra?”. Era una questione esistenziale. Non potevamo permetterci di non combattere. La stessa cosa vale per la crisi climatica. Qui, stiamo già vedendo i costi diretti dell’ignorare la questione – negli ultimi anni il paese ha perso quasi il 2% del PIL in disastri legati alle condizioni meteorologiche, tra cui inondazioni, uragani e incendi. I costi per la nostra salute collegati alle malattie legate al clima si stanno calcolando da poco, ma anch’essi sono intorno alle decine di miliardi di dollari – per non parlare del numero ancora non contato di vite perse. Pagheremo il collasso climatico in un modo o nell’altro, quindi è logico spendere adesso per ridurre le emissioni piuttosto che aspettare di pagare molto di più per le conseguenze – non solo del clima ma anche dell’innalzamento del livello dei mari. È un cliché, ma è vero: un grammo di prevenzione vale un chilo di cura.

La guerra all’emergenza climatica, se condotta correttamente, sarebbe in realtà un bene per l’economia – proprio come la Seconda guerra mondiale preparò il terreno per l’era economica d’oro dell’America, con il più rapido tasso di crescita della sua storia tra la ricchezza condivisa. Il Green New Deal stimolerebbe la domanda, assicurando che tutte le risorse disponibili siano utilizzate; e la transizione verso l’economia verde probabilmente porterebbe ad un nuovo boom economico. L’attenzione di Trump per le industrie del passato, come il carbone, sta strangolando il ben più azzeccato spostamento verso l’energia eolica e solare. Si creeranno di gran lunga più posti di lavoro nel campo delle energie rinnovabili di quanto ne andranno persi nel carbone.

La sfida più grande sarà quella di definire le risorse per il Green New Deal. Nonostante il basso tasso di disoccupazione “primario”, gli Stati Uniti hanno grandi quantità di risorse sottoutilizzate e allocate in modo inefficiente. Il rapporto tra le persone occupate e quelle in età lavorativa negli Stati Uniti è ancora basso, inferiore a quello del passato, inferiore a quello di molti altri paesi, e particolarmente basso per le donne e le minoranze. Con un ben studiato congedo familiare e politiche di sostegno e una maggiore flessibilità nel nostro mercato del lavoro, potremmo includere più donne e più cittadini over 65 nella forza lavoro. A causa della nostra lunga eredità di discriminazioni, molte delle nostre risorse umane non sono impiegate al massimo dell’efficienza. Insieme a migliori politiche in materia di istruzione e sanità e maggiori investimenti in infrastrutture e tecnologia – vere politiche dal lato dell’offerta – la capacità produttiva del sistema economico potrebbe aumentare, fornendo alcune delle risorse necessarie all’economia per combattere e adattarsi al collasso climatico.

Mentre la maggior parte degli economisti è d’accordo sul fatto che ci sia ancora spazio per un’espansione economica, anche a breve periodo – output aggiuntivi, alcuni dei quali potrebbero essere utilizzati per combattere la crisi climatica – rimangono controversie su quanto potrebbe essere aumentato il rendimento senza incorrere in colli di bottiglia almeno a breve termine. Quasi sicuramente, tuttavia, ci sarà bisogno di una ridistribuzione delle risorse per combattere questa guerra, proprio come con la Seconda guerra mondiale, quando l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro ha aumentato la capacità produttiva, ma non è stato sufficiente.

Alcuni cambiamenti saranno facili, ad esempio eliminando le decine di miliardi di dollari di sussidi per i combustibili fossili e spostando le risorse dalla produzione di energia sporca alla produzione di energia pulita. Si potrebbe dire, tuttavia, che l’America è fortunata: abbiamo un sistema fiscale così mal progettato che è regressivo e pieno di scappatoie che sarà semplice raccogliere più denaro nello stesso momento in cui aumentiamo l’efficienza economica. Tassare le industrie sporche, assicurare che il capitale paghi un’aliquota fiscale almeno pari a quella di chi lavora per vivere e chiudere scappatoie fiscali fornirebbe trilioni di dollari al governo nei prossimi dieci anni, denaro che potrebbe essere speso per combattere il l’emergenza climatica. Inoltre, la creazione di una Banca Verde Nazionale fornirebbe finanziamenti al settore privato per contrastare il collasso climatico – ai proprietari di case che vogliono realizzare investimenti ad alto rendimento che consentano loro di intraprendere la propria battaglia contro la crisi climatica nell’isolamento, o alle imprese che vogliono adeguare i loro impianti e quartier generali in un’ottica di economia verde.

Gli sforzi di mobilitazione della Seconda guerra mondiale hanno trasformato la nostra società. Siamo passati da un’economia agricola e una società in gran parte rurale a un’economia manifatturiera e una società in gran parte urbana. La liberazione temporanea delle donne nel momento in cui entravano nella forza lavoro in modo che il paese potesse soddisfare i propri bisogni dettati dalla guerra aveva effetti a lungo termine. Questa è l’ambizione dei sostenitori, un’ambizione non irrealistica, del Green New Deal.

Non esiste assolutamente alcun motivo per cui l’economia innovativa e verde del XXI secolo debba seguire i modelli economici e sociali dell’economia manifatturiera del XX secolo, basata sui combustibili fossili, così come non vi era alcun motivo per cui l’economia dovesse seguire il modello economico e sociale delle economie agrarie e rurali dei secoli precedenti.

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