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Ferragosto in carcere: visita alla casa di reclusione di Chiavari

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Ogni anno il Partito Radicale organizza un periodo dedicato alla verifica delle condizioni nelle carceri nel nostro Paese, per i detenuti e per chi vi lavora. L’iniziativa “Ferragosto in Carcere” ha previsto per quest’anno la visita di 70 luoghi di detenzione in tutta Italia con dirigenti e militanti del Partito Radicale, Avvocati dell’Unione Camere Penali, Parlamentari, Consiglieri Regionali, Garanti delle persone private delle libertà personali.

Sovraffollamento, situazione sanitaria, condizioni delle strutture e del personale, effettività della funzione rieducativa della pena. Sono tante le ragioni dell’iniziativa, come si dice spesso, perché é nelle prigioni “che si misura il grado di civiltà di un paese”. Ma anche, come ha scritto in questi giorni Adriano Sofri, perché trascorrere alcune ore nell’incontro fra persone che prima del buio dovranno tornare fuori e persone che resteranno dentro col loro buio fa del Ferragosto un giorno davvero speciale.

Sabato 17 agosto siamo andati a fare visita alla casa di reclusione di Chiavari, assieme a Vito Vattuone, una delegazione del Partito Radicale e rappresentanti dell’Osservatorio Nazionale Carceri e delle Camere Penali di Spezia.

Alcuni numeri della struttura che abbiamo visitato:

  • Presenti 56 detenuti a fronte di una capienza di 45 posti. I detenuti stranieri sono 22. In quanto casa di reclusione, non vi sono detenuti in attesa di giudizio.
  • La polizia penitenziaria dispone 51 agenti assegnati (di cui effettivamente in servizio 50) a fronte di una pianta organica di 57. 
  • Nel carcere sono presenti un educatore, 6 volontari. Vi opera un solo psicologo per 14 ore al mese
  • I detenuti tossicodipendenti in terapia metadonica sono 26. 1 è sieropositivo e 3 soffrono di patologie di tipo psichiatrico.
  • I detenuti lavoranti dipendenti dall’Amministrazione penitenziaria sono 11, con attività lavorative presso l’ASL 4 e il Comune di Sestri Levante: sono in avvio nuove attività di lavoro (digitalizzazione, lavori agricoli).
  • sono presenti laboratori, biblioteca, spazio refezione e spazi verdi.

La Casa di Reclusione di Chiavari, per dimensioni, tipologia e gestione ha condizioni migliori del panorama ligure e italiano, nonostante non manchino le problematiche.

Il punto sulla situazione nazionale l’ha ben riassunto l’Unione delle Camere Penali nella sua nota di adesione all’iniziativa

Nel 2018 vi sono stati 148 detenuti morti, tra cui 67 suicidi. Al 7 agosto 2019, i morti sono 81 ed i suicidi 30. Un decesso ogni tre giorni .

A fronte di una capienza regolamentare di 50.480 persone sono presenti 60.254 detenuti di cui ben 18.518 in custodia cautelare. Alla capienza regolamentare nominale vanno sottratte le celle attualmente indisponibili per manutenzione: 4.600 unità.

In generale il trend di crescita è di circa 2.000 detenuti all’anno, incremento oramai costante e ciò dimostra ancora una volta che il fenomeno del sovraffollamento carcerario nel nostro paese è strutturale e sistemico.

Ma il sovraffollamento rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, posto che il mancato rispetto del noto limite indicato dalla Corte Edu dei tre metri quadri di spazio minimo vitale disponibile per ciascun detenuto, costituisce una presunzione di violazione dell’art. 3 della  Cedu, ma il rispetto di tale parametro non significa che la detenzione sia conforme al dettato della Convenzione.

Il sovraffollamento non è il solo morbo che affligge le carceri italiane: nel 35,3%  non c’è acqua calda, il 7,1% non dispone di un riscaldamento funzionante, nel 20% non ci sono spazi per permettere ai detenuti di lavorare (dove ci sono, lavorare è un privilegio di pochi) e nel 27,1% non ci sono aree verdi per i colloqui coi familiari.

In relazione a tale drammatica situazione l’attuale governo ha definitivamente affossato la riforma dell’ordinamento penitenziario, non approvando l’eliminazione delle preclusioni e degli automatismi per accedere alle misure penitenziarie di favore. Infatti l’eliminazione degli ostacoli normativi al trattamento individualizzato avrebbe consentito da una parte una riduzione della popolazione carceraria e dall’altra un significativo risparmio per le casse dello Stato. Senza considerare l’abbattimento dei costi sociali determinato dalla rilevante riduzione del tasso di recidiva per coloro che espiano la pena in misura alternativa rispetto a quelli che scontano l’intera pena in carcere.

Rispetto al sovraffollamento carcerario, la strategia governativa è fuori dalla realtà: da una parte vi è il  Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che nega la sussistenza del fenomeno; dall’altra si punta sull’edilizia penitenziaria proponendo la riconversione di caserme abbandonate in istituti di pena.

E’ chiaro che quest’ultima proposta oltre ad essere ontologicamente errata in quanto la politica carcerocentrica è oramai superata persino negli Stati Uniti di Trump, è inattuabile poiché per porre in essere tale progetto sarebbero necessari tempi lunghissimi e risorse economiche notevoli di cui il governo non dispone. Difatti tali caserme riadattate dovrebbero ospitare circa 15.000 detenuti in esubero ed in proporzione amministrativi, polizia penitenziaria, psicologi, ecc…, per ripristinare una situazione delle carceri conforme al dettato costituzionale

Il quadro in Regione Liguria non è più roseo rispetto a quello nazionale.

Da anni si cerca poi di adeguare la nostra Regione alle altre, con l’introduzione del Garante Regionale dei detenuti. Siamo l’ultima regione del Nord a non avere questa figura. La proposta di legge unificata è stata approvata, con il solo voto di astensione della Lega Nord ma la Giunta Regionale non mette a bilancio le risorse per farla partire realmente, nonostante la posizione ufficiale del Consiglio Regionale a dicembre dello scorso anno.

Nell’epoca in cui il Ministro dell’Interno dice “in galera e buttate via la chiave”, spesso si dimentica l’articolo 27, comma 3 della Costituzione secondo cui “Le pene non possono consistere in trattamenti contrarii al senso di umanità e debbono tendere alla rieducazione del condannato.” Un articolo che trovi affisso in molti spazi nelle carceri italiane. Ma mi ha colpito molto di più una frase che ho intravisto ieri in visita appesa ad uno stipetto di un ufficio. Diceva “Ben oltre di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, c’è un campo. Ti aspetterò lì”.

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