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Riforma urbanistica. Troppa carta per i Comuni, meno garanzie per l’entroterra.

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Intervento in discussione generale sul Disegno di Legge 59 di riforma della legge urbanistica regionale.

Signor Presidente, signori Consiglieri, io proverò a confrontarmi ancora un po’ con quest’argomento, nel senso che, tra le tante discussioni che in questi mesi e in questi anni si sono fatte dal punto di vista della riforma della legge urbanistica, tutte le volte ci sono degli interventi appassionati in cui ci sono tantissimi ottimi princìpi e tantissime buone intenzioni, ma, come sempre, anche le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. E di solito quelle che noi abbiamo di fronte sono alcune enunciazioni a cui non corrispondono mai elementi di fatto. 

Devo dire che, delle tante iniziative che l’assessore Scajola ha condotto in questi anni, alcune delle quali hanno avuto anche il nostro voto, una in particolare sulla rigenerazione urbana, questa è una delle più complicate, è una delle più difficili da valutare, ma proprio nella lettura e nell’impostazione, che mi sembra piuttosto contorta. E devo dire che ho fatto fatica a capire il motivo per cui si decideva di aprire questo ufficio complicazione affari semplici in capo a Regione Liguria, perché chiunque si trovasse ad assistere alla nostra discussione e a leggere i documenti avrebbe di fronte un problema di logica formale e di meccanismi di ordine nel tempo delle proprie misure. 

Non so se l’Assessore è un appassionato di Borges, però, quando ho letto questo documento, mi è venuto in mente “La biblioteca di Babele”, che è un raccontino molto interessante, in cui c’è questa biblioteca infinita in cui ci sono delle stanze con cinque lati, in ognuno di questi ci sono cinque scaffali, in questi scaffali ci sono 32 libri di 410 pagine da 40 righe, 40 lettere, eccetera, eccetera. E uno gira in questa biblioteca infinita per cercare di capire qualcosa. Più o meno, leggendo il testo, io ho avuto questa impressione di confusione, mettiamola così. Perché è molto complicato dare un senso logico a quello che è stato fatto. Allora io ho provato a capire qual è il disegno. 

C’è un assessore Scajola prima delle elezioni regionali e un assessore Scajola dopo. L’assessore Scajola prima delle elezioni regionali è andato in giro in tutti i Comuni della Liguria a dire: “Tranquilli, votateci, che facciamo il PTR”. Ha fatto vedere il “trailer” del film, ha spiegato ai Sindaci dei piccoli Comuni che potevano avere qualche semplificazione, ai Sindaci delle realtà più importanti che il PTR sarebbe stato semplificato in una certa maniera – poi ne discuteremo – e avete detto ai Sindaci: “Votateci, noi faremo il PTR quando arriviamo”. Avete rivinto le elezioni legittimamente, siete arrivati e avete detto ai Sindaci: “Scherzavamo, noi non facciamo il PTR. Noi, in attesa di fare il PTR, vi diamo, vi regaliamo questo tortuoso meccanismo con cui voi, in attesa del Piano, sulla base delle anticipazioni del film che vi abbiamo fatto vedere, vi dovete riorganizzare”. E io immagino anche la buona fede e le aspettative positive che hanno un po’ di Comuni rispetto al fatto che dicono: Va bene, si farà il PTR.

Detto questo, il punto è che voi avete detto a questi Sindaci: “Facciamo il PTR” ed il primo documento che avete presentato è un documento in cui si dice: “In attesa del PTR, non è che avete voglia, tempo e modo di fare altri due Piani rispetto a quelli che stiamo già facendo o di rimettere da parte il lavoro che in questi anni avete fatto? Perché ci è venuto in mente che la città pubblica è importante – giusto – e ci è venuto in mente che avremmo bisogno di un Piano dei Servizi e delle Infrastrutture – giusto –. Come lo si fa? Ve lo diciamo nel PTR”, che andrà in onda come minimo fra diciotto mesi. E io immagino gli amministratori che girano in questa biblioteca in attesa di ritrovare il senso che dicono: “Io sto facendo uno strumento urbanistico: devo andare in fondo? Devo fermarmi? Mi date le indicazioni? Cosa devo fare? Ho appena investito delle risorse per iniziare un percorso nel PUC: finisco? Perché non è che arrivo in fondo e poi mi cambiate l’impostazione? Ditemi voi”. 

Poi c’è questa cosa dei mitici poli attrattori, che è, secondo me, straordinaria nella sua impostazione. Voi sostenete che servono dei poli attrattori e delle realtà che devono – o possono, perché c’è anche questo tema – rispondere a questa nuova organizzazione, per cui sono centri in cui ci sono servizi e infrastrutture comuni, e quindi dovrebbero essere invitati a fare questo documento.

In Commissione sia la consigliera Candia che il consigliere Natale hanno detto: “Ma chi sono i poli attrattori?”. Perché non c’è un elenco dei Comuni che dovrebbero fare questo strumento. La risposta è stata – vediamo se l’ho interpretata male, ma me la sono fatta ripetere – che era sbagliato mettere un elenco predeterminato dei Comuni che facevano parte dei poli attrattori. Perché uno non è un polo attrattore, uno si sente polo attrattore. Come se ci fosse una specie di investitura, una vocazione in cui un Comune. si trova. Immagino la Giunta e il Sindaco che fanno una riunione e si dice: “Ma tu ti senti polo attrattore?”, e il Sindaco dirà: “Sì, mi sento polo attrattore, proviamo a fare questo strumento”. E i poli attrattori, oltre a essere stati messi in questa condizione un po’ singolare di crisi d’identità, in cui si interrogano sulla loro funzione, nel momento in cui lavoreranno con altri Comuni, dovranno fare anche una cosa singolare: in mancanza di linee guida, in mancanza di un’indicazione, in mancanza di un’impostazione fatta su un testo di legge e non solo su una “slide”, devono anche organizzare i servizi sugli altri Comuni. Non so se, nell’enfasi organizzativa in cui devi anche calcolare le virgole, vi siete resi conto che ai Comuni chiedete di programmare e di impostare i servizi anche su altri territori, senza aver dato potere a degli strumenti che dovrebbero farlo, perché i Piani provinciali e quelli della Città Metropolitana in teoria dovrebbero essere fatti per questo. Altrimenti consiglio spassionatamente di toglierli, perché o sono strumenti che fanno un lavoro di coordinamento oppure sono altri strumenti di pianificazione per i quali i Comuni devono pagare dei soldi per fare le consulenze per fare i piani che poi vengono in Regione per essere poi validati. 

Quindi, se questa era la strada della semplificazione, lasciatemi dire che mi sembra una strada un po’ contraddittoria. E date anche dei messaggi un po’ sbagliati, nel senso che da un lato dite ai Comuni: adesso Piano dei Servizi e delle Infrastrutture e Piano Urbanistico Locale. Da un lato li ammansite sul fatto che il Piano Urbanistico Locale è una forma semplificata di PUC, quindi dite: “Farete più veloce”, dall’altro gli dite che bisogna individuare i servizi e le infrastrutture. Ma i servizi e le infrastrutture non stanno sulle nuvole, stanno all’interno di alcuni aspetti: come fai a fare un Piano dei Servizi e delle Infrastrutture su aree vaste senza capire qual è la programmazione, quali sono le risorse, qual è la programmazione comunitaria, qual è la programmazione delle aree interne, qual è la programmazione del Recovery? 

Non penso che si potrà operare in questa direzione dicendo: “Facciamo il Piano dei Servizi e delle Infrastrutture in attesa delle infrastrutture, intanto cominciate; poi, quando capiremo qual è l’impatto di queste misure, lo aggiorneremo”, perché è una tela di Penelope, cioè tutte le volte si costruisce e di notte si distrugge. Quanto può andare avanti? Dall’altra dite: “Bisogna che si completi la pianificazione urbanistica dei Comuni e si facciano anche due nuovi strumenti per cui i Comuni che fanno i PUC hanno due anni di tempo per potersi aggiornare”, dall’altra dite: “Tranquilli, dato che è un discreto disastro, rinviamo il tempo per fare i PUC ai Comuni che non ce l’hanno ancora, per altri da due anni”. Quindi da un lato dite: “Semplificate”, ma dall’altro: “Prendetevela pure comoda”, ai Comuni, che sono quelli che dovrebbero programmare meglio, “perché tanto comunque non ci crediamo neanche noi che si faccia”.

E poi c’è questo portato. Non so come dire. Tutte le volte che tu sbatti la testa contro il muro, ti verrà in mente che si sbaglia sempre la stessa cosa e  la Regione Liguria fa sempre questo errore sul tema delle competenze sul paesaggio. 

Questo aspetto un po’ millantato della semplificazione sull’entroterra è una promessa un po’ troppo fiduciosa, oltre che essere sbagliata nell’impostazione. Lei pensa, Assessore, veramente che la strada per l’entroterra sia la densificazione? Pensa che la gente se ne vada nell’entroterra perché non ha più la possibilità di allargare i propri spazi dal punto di vista degli insediamenti produttivi e residenziali? Pensa che sia questo il punto? O il punto è che nell’entroterra servono i servizi? Servono scuole, trasporti, asili, ambulatori. Perché, se la strada per cui uno va via dall’entroterra e che è già scritta nel Piano casa è quella per cui non riesco a fare la sopraelevazione di un piano, sinceramente non so in che entroterra vive lei, ma io penso che non sia questo il punto. Il punto è che non arriva la linea internet, il punto è che non ci sono strategie integrate per i servizi. E voi su quel tema siete ciechi, perché neanche coordinare la strategia area interna con la programmazione è un elemento di cecità politica e che fa anche un passo indietro rispetto ai progetti di rigenerazione urbana. Peraltro segnalo sommessamente che ci sarà nei prossimi mesi probabilmente una legge nazionale sulla rigenerazione urbana che imporrà un obbligo ai Comuni per quanto riguarda gli obiettivi di rigenerazione. Come si concilierà? Questo è difficile da spiegare. 

E poi qualcheduno mi deve spiegare – ma io ho difficoltà a spiegare questo proprio per logica – per quale motivo voi adottate oggi una modifica corposa nella vita, nell’organizzazione urbanistica della nostra Regione dicendo ai Comuni che devono fare oggi dei nuovi Piani sulla base di un Piano regionale, il PTR, che non avete approvato. Con quale ragione, con quali basi giuridiche si può lavorare su intenzioni? Su quali impostazioni politiche si può fare un Piano in cui costruisci dopo le fondamenta? A meno che la strada non sia quella di nascondere dentro questa impostazione i ritardi e il fatto che il PTR non si farà mai. Allora si entra in un’altra partita. Allora si capiscono meglio anche alcune norme transitorie tipo quelle dell’articolo 9, per cui il PTR è un po’ sull’orizzonte, prima o poi lo raggiungerai, ma intanto tu continua a camminare e vedremo cosa fare. Perché è questo che state producendo. 

Ognuno, dopo che fa un po’ di attività politica, ha un suo retaggio. Della Legge Urbanistica Regionale, la LUR, ormai di originale è rimasto solo il titolo e il fatto che si chiama 36 ed è del 1997. Tutto il resto è stato completamente cambiato, aggiunto, sistemato. In alcuni casi avete provato a semplificare, in altri – come questo – a complicare. 

Però in generale per un amministratore comunale – io non sono un amministratore, ma ho la fortuna di parlare con molti di questi – fare un PUC è una cosa che si decide di non fare. Quanti Sindaci decidono, quando iniziano un mandato, di rallentare rispetto a questo? Perché, se uno entra al primo giro, probabilmente entro il primo mandato forse riesce a fare, se è in una città discreta, l’inizio del PUC; poi forse alla fine del secondo lo porta a casa; di solito chi lo attua è quello al terzo mandato. Perché? Perché dentro questa riorganizzazione, in cui voi promettete semplificazioni, non avete mai affrontato il tema che i PUC devono essere i Piani dei Sindaci, non i Piani dei Sindaci dopo. E non avete fatto un’operazione di semplificazione e di abbassamento dei Piani, riducendo quello che poteva essere semplificato. Ai Comuni, voi darete più carta. E, in mancanza di regole certe, probabilmente anche più cemento. Invece dovevate dare più soldi. 

Ed è uno degli emendamenti che poi Davide Natale illustrerà. Perché non avete incentivato in questo senso in maniera straordinaria i Piani intercomunali, i PUC intercomunali, utilizzando le esperienze che ci sono? Perché non avete deciso di dire: Va bene, la pianificazione per noi è una priorità anche in attesa del PTR e a noi interessa che le realtà che lavorano insieme lavorino sempre più insieme, per cui mettiamo 100.000, 200.000, 1.000.000 di euro per coprire le spese della pianificazione nei Comuni piccoli? Perché altrimenti tu hai Comuni grandi che magari possono adottare questo strumento perché hanno le relazioni e le competenze anche per poter immaginare il PTR o per cambiarlo in sede di formazione, perché la forza politica esiste, e altri che dovranno subire e essere travolti da una pianificazione di questo tipo. 

L’altro elemento  è il fatto che si deve dare un segnale di movimento. Dopo aver promesso che avreste fatto sfracelli – deve portare a casa il suo retaggio – l’Assessore regionale ha deciso di dare un segnale, per cui so che il PTR è un po’ complicato, ci vorranno due anni, e quindi noi facciamo questo. E a me è venuto in mente un meccanismo, che è quello che si usava nel Regno delle Due Sicilie: quando saliva su un comandante piuttosto importante, per far vedere che si fa qualcosa, c’era l’ordine: “Facite ammuina”, cioè quelli che sono a destra vanno a sinistra, quelli che sono a sinistra vanno a destra e chi non ha niente da fare fa qualcosa. Lei ha scelto la strada del “facite ammuina” e di gestire il vuoto politico nella sua pianificazione con questa norma. Il problema è che non state facendo “ammuina” solo lei per dimostrare probabilmente ai suoi elettori e al Presidente della Giunta Toti che sta facendo, ma fa fare “ammuina” anche agli Uffici urbanistici e fa fare “ammuina” a tutta una serie di Comuni, che non sanno da che parte andare. 

Quindi, per evitare il titolo di “Scajola il confonditore”, noi proponiamo che, se vuole portare avanti questa normativa, la metta in campo dopo il PTR e che l’obiettivo politico sia che, con un lasso di tempo consapevole, prima il PTR, poi la discussione sulla città pubblica e poi la riforma dell’urbanistica legata a quello che succederà con il Recovery. È logica. E io la invito a mettere in campo una logica temporale e formale in questo provvedimento. 

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