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Welfare, il grande assente.

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Il grande assente nelle politiche della Giunta Toti/Viale è il welfare e le politiche sociali nel suo complesso. Eppure, per la prima volta si era scelto di unire in un unico assessorato le politiche della salute con le politiche sociali. E la Vice presidente della Giunta Regionale aveva la possibilità di integrare queste politiche, facendo quello che da anni operatori, enti locali, mondo del terzo settore chiedeva: costruire un quadro di insieme in cui non si lavorasse “a canne d’organo” ma con una rete.

L’occasione è stata sprecata malamente. Ed è con grande preoccupazione che sottolineo questo aspetto. Ripercorrendo le politiche attive di questi quattro anni è rarissimo individuare misure innovative e/o integrative di welfare della nostra Regione. L’attenzione è stata concentrata sulla sanità, sulla rete degli ospedali, sulla progressiva privatizzazione dei servizi. Nulla, o iniziative minime, sono state messe in atto per disegnare un nuovo modello di “welfare di comunità” di cui questa Regione avrebbe bisogno. E di una collaborazione tra soggetti sempre più strutturata sulla base di progettualità e innovazione, e non solo sulla monetizzazione dei servizi.

Tantissimi nodi sono rimasti irrisolti. I dati sociali della Liguria meritavano un lavoro attento e innovativo: siamo un laboratorio di quello che sarà l’Italia dal punto di vista demografico nei prossimi decenni, e sperimentare nuove forme di politiche sociali e di autonomia sarebbe il primo punto dell’agenda politica della nostra Regione. E invece, no.

Solo per punti. Ben prima dell’introduzione del Reddito di Inclusione e del Reddito di Cittadinanza, avevamo presentato una proposta di legge per sperimentare un reddito di inclusione regionale, con il primo obiettivo di contrastare la “trasmissione intergenerazionale” della povertà: in altre parole, sostenere le famiglie povere con figli, per far si che questa condizione non condizionasse il futuro dei minori e il loro percorso educativo, sanitario e relazionale. Misura bocciata. Anche successivamente, una volta messe in campo misure nazionali di contrasto alla povertà, non è stato fatto nulla da parte della Regione, per rafforzarle con un Piano Regionale contro la Povertà, ad esempio, fatto di azioni diffuse e specifiche e di “cuciture” tra le varie politiche messe in atto dai vari enti.

La cosiddetta “integrazione socio sanitaria“, si è fermata a metà: era stato annunciato un ambizioso progetto di riorganizzazione dell’attività sul territorio, una migliore integrazione dei servizi socio sanitari, la costruzione di percorsi più specifici per i progetti di vita indipendente e l’assistenza domiciliare, mentre in realtà il principale momento innovativo della giunta è stata l’introduzione di una nuova figura – il direttore socio sanitario – all’interno delle singole ASL, i cui compiti e la cui attività non mi pare abbiano portato innovazione e slancio alle politiche socio sanitarie della nostra Regione. Eppure, su questo, i Comuni e i Distretti, che per fortuna non sono stati accorpati con un tratto di penna, continuano a sviluppare progetti, anche se scarseggiano le risorse regionali (sul Fondo Disabilità e Vita Indipendente ad esempio) e la spinta di Regione Liguria a costruire formule nuove, in grado di generare autonomia, offrire servizi adeguati ai bisogni delle persone, differenziarli a seconda dei territorio, a partire dalle aree interne, garantire i percorsi di assistenza, favorire e promuovere la partecipazione dei cittadini alla costruzione di una comunità.

La gestione delle politiche per la casa e per l’affitto hanno poi visto – nei fatti – la cancellazione a livello Regionale dell’azione dell’Agenzia Sociale per la Casa, che serviva come strumento per far incrociare domanda e offerta, modulare i canoni, consentire di avere una possibilità in più di gestire un tema delicato come quello del diritto alla casa, in una Regione dove, soprattutto nella parte costiera, i prezzi e i canoni sono molto più alti a causa dell’attrattività dei luoghi e del mercato immobiliare che ha sempre più elementi di squilibrio. Una nuova politica regionale per la casa e per l’accesso all’abitare non è più rinviabile, e deve essere “cucita” sulla grande differenziazione territoriale dei mercati immobiliari liguri, tra le riviere, la città di Genova e le aree interne e peri urbani, che hanno domande e bisogni differenti, da considerare.

Sulla parte della rete dei servizi scolastici, anche in questo caso, molto poco è stato fatto: la misura dei voucher per gli asili nido, in corso da due anni, è stato un primo passaggio, tardivo, ma mal calibrato economicamente, tant’è che non tutti se ne riescono a servire, stornando risorse europee che potevano essere investite in progetti più di lungo periodo. Ora, il Governo intende mettere in atto una azione nazionale sulla riduzione delle rette degli asili nido, per cui le risorse dovrebbero essere reimpiegate in investimenti e in nuove iniziative.

Come è evidente, l’attenzione di questi anni è stata minima, e le politiche sono state principalmente una gestione dei fondi nazionali senza voler dare alcuna spinta e innovazione. Un compito burocratico, più che la costruzione di una comunità.

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Luca Garibaldi

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