A fine gennaio ho scelto di fare un piccolo viaggio nella sanità del Tigullio, visitando i tre ospedali del nostro comprensorio. L’avevo già fatto in questi anni, più volte, andando a segnalare ritardi, mancanze, problematiche, e con l’obiettivo di cercare di capire da vicino cosa funziona e cosa non funziona. Di cercare di guardare la sanità non come un insieme di numeri o di dati, ma all’altezza degli occhi, dei pazienti, e di chi ci lavora.
Il bilancio, alla fine di cinque anni di governo del centrodestra, è che la situazione è peggiorata da entrambi i punti di vista.
L’ospedale di Lavagna, che dovrebbe essere il cuore della sanità del Tigullio, vede una riorganizzazione ancora non completata: l’ampliamento del pronto soccorso previsto già da prima del 2015 non vedrà la luce nei tempi brevi che tutti ci saremmo augurati per gli utenti. L’impressione è che non si riescano a mettere a pieno regime tutte le eccellenze e i reparti di grande livello che sono presenti per via di una carenza di personale e per la complicata situazione degli investimenti impostata dalla Regione, che sceglie altre priorità, e la cui mancanza rischia di non rafforzare un Polo con delle grandi potenzialità.
L’ospedale di Rapallo, su cui la Giunta Regionale ha annunciato nuovi interventi, è un ospedale nato come polo ortopedico che in realtà su questo aspetto non ha ottenuto i risultati previsti ed è stato riconvertito ad altre attività. Dopo una forte riorganizzazione a scapito degli altri presidi della zona, che si sono visti svuotati di molti reparti e specialità, la scelta della Regione ora è di annunciare una nuova riorganizzazione, con cui si prevedere di regalare un piano dell’ospedale ai privati per attività non ancora individuate, rimettendo in discussione una riorganizzazione appena impostata, con impatti negativi su tutto il sistema sanitario pubblico.
L’ospedale di Sestri Levante è la principale vittima delle scelte della Giunta Toti e dell’Assessore Viale: nonostante le grandi eccellenze presenti e le buone interazioni tra reparti che continuano a resistere, i potenziamenti annunciati sono ancora di là da venire. Il reparto a gestione infermieristica è una sperimentazione di un anno; il polo oncologico continua ad avere un basso numero di oncologi, si registrano una forte sofferenza di personale nei reparti per acuti e ad oggi, a tre anni dall’approvazione del piano socio sanitario regionale, rimangono alcuni piani ancora da ristrutturare per le nuove specialità. Con un bilancio della ASL 4 che vede per gli investimenti poche risorse. La fisioterapia rimane un’eccellenza strutturata e attiva che merita implementazioni e non rivoluzioni: invece si prevede di spostarla da un piano all’altro, mettendo mano a servizi e attività già ben avviate e funzionali.
L’impressione è che il servizio sanitario pubblico nel Tigullio, sia una come nave che va avanti per la capacità e il senso di responsabilità dell’equipaggio che prova a sopperire alla mancanza di un capitano che tenga la rotta
Siamo di fronte ad un piano di riorganizzazione perenne nella ASL4 in cui non si mette mai una fine a quello che si è iniziato. Al posto di una programmazione, coerente e continua, la Regione ha sostituito un continuo spostamento dei reparti, montati e smontati come fossero dei Lego. In più viviamo in una fase difficile dove il personale medico lavora sempre con meno dotazione organica e maggiore stress. Nonostante questo, guardando tutte le attività che vengono svolte, la passione degli operatori e la capacità di fare squadra, sembrerebbe logico investire in quelle esperienze di eccellenza anche per la costruzione di qualcosa di davvero attrattivo, ma al contrario si respira un’aria di “precarietà anche nell’eccellenza” perché manca la fiducia, e la visione politica, nel futuro.
Da tempo sostengo che una delle scelte più negative della Giunta Toti/Viale sia stata quella di considerare il Tigullio come periferico, non cogliendone le possibilità di essere una frontiera, dove sperimentare molto più che in altre zone quello che è l’impatto della demografia che cambia, i nuovi bisogni, le criticità che nascono dall’invecchiamento della popolazione. C’è una resistenza attiva del territorio e del servizio sanitario pubblico che non può però durare all’infinito: serve urgentemente un cambio che metta al centro la sanità pubblica, la formazione, la capacità di programmare e innovare, tenendo conto delle specificità dei territori.
L’aumento delle fughe e le liste d’ attesa sempre più lunghe sono la conseguenza di questa mancanza di cura e investimento nella sanità pubblica di qualità da parte della Giunta Regionale, che ha scelto di non programmare e di non investire in questo territorio. E non solo nel Tigullio, perché il quadro ligure è drammatico, con vicende vergognose come quella che riguarda la radioterapia del San Martino, con i malati di tumori costretti a più di 250 giorni di liste di attesa per la mancata sostituzione dei macchinari.