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Prosegue lo svuotamento dell’ospedale di Sestri Levante. La Regione continua a fomentare la guerra tra poveri tra gli ospedali del Tigullio senza alcun investimento

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 Chiudere le chirurgie a Sestri Levante, svuotare l’ospedale e portare le stesse attività da un presidio sanitario a un altro? E’ questa la riorganizzazione che dovrebbe migliorare la sanità del nostro territorio, dopo quattro anni di governo del centrodestra? 

 Per l’ospedale di Sestri oggi viene certificato quello che abbiamo denunciato da tempo: si tolgono reparti, si separano attività che erano già ben integrate da anni e si rimanda a un futuro incerto il mitologico potenziamento delle attività. Da inizio della prossima settimana aumenteranno i piani vuoti di quell’ospedale, senza avere neppure un quadro di quello che arriverà, se arriverà. Si sposteranno reparti da un piano all’altro, ma il potenziamento è un’altra cosa. Significa aggiungere, non togliere.

 Vedo consiglieri regionali della Val Petronio plaudire allo svuotamento dell’ospedale di Sestri, dicendo che sarà un polo oncologico, nello stesso giorno in cui si annuncia lo spostamento dei reparti di chirurgia altrove. Li vedo parlare di polo riabilitativo, ma finora non c’è stato alcun investimento sulla riabilitazione, né sul personale né sui reparti. Una riorganizzazione interna rinviata a data da destinarsi, costruita sulla testa del territorio, che da tempo chiedeva un confronto e che invece ha ottenuto solo silenzio. 

 Quello che stupisce in questo gioco delle tre carte continuo è la distanza tra le affermazioni e la realtà. Tanto che si declamano come innovazioni spostamenti da una sede all’altra. 

 Se l’unico aspetto condivisibile è l’accentramento di alcune specializzazioni per acuti nell’ospedale di Lavagna, dall’altro si continua a non volere investire sui poli ospedalieri del Tigullio. 

 Si smonta un ospedale – Sestri – che ha da tempo una sua organizzazione medico-chirurgica, per portare la chirurgia a bassa complessità in un ospedale, quello di Rapallo, che era nato con un’altra vocazione: ospedale di “eccellenza”, anti fughe. Lo spostamento di questa attività chirurgica a bassa complessità viene salutata come un modo per riempire il nosocomio. E’ un diversivo, per non affrontare questioni più complesse, a partire dalla gestione privata o meno di quel polo e per non mantenere la promessa di un apertura di un Pronto Soccorso.

 Mentre il punto sarebbe quello di alzare la qualità di ciò che c’è già e – se quel polo nasce come ospedale elettivo anti fughe – rafforzare quella definizione. Penso, per esempio, al tema del Pronto Soccorso oculistico ampliato, ma che poi è stato completamente dimenticato, nonostante funzioni e vi sia la necessità di rafforzarlo. Bisognerebbe verificare fino in fondo i dati sull’ortopedia, capire come abbia operato dalla sua apertura l’ospedale in qualità di attrattore di interventi e, nel caso, decidere quali azioni mettere in atto per rafforzarlo in quella direzione. 

 Invece non viene fatto nulla di tutto ciò. Alla fine la scelta della Regione continua a essere la stessa: il Tigullio come periferia della sanità della Liguria, scatenando una guerra tra poveri fra i tre ospedali esistenti, che si contendono l’un l’altro quello che c’è senza ricevere dalla Regione investimenti e attività, anche di carattere regionale, sul proprio territorio.

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